La celidonia, il cui nome deriva dal greco “kelidon” che significa “rondine,” possiede un forte simbolismo legato alla percezione e alla conoscenza. Vedere, in questo contesto, rappresenta non solo la capacità visiva, ma anche una comprensione più profonda delle verità fondamentali che riguardano la vita e la morte.
Il suo succo giallo ha portato gli allievi di Paracelso a collegarla con il succo della bile e, pertanto, con il fegato. Questa connessione è stata avvalorata da ricerche moderne che confermano il legame tra la celidonia e la salute del fegato. Si credeva che l’applicazione della celidonia sulla testa di un malato potesse far piangere colui che era destinato a guarire e far cantare chi, invece, era destinato a morire.
In questo modo, la celidonia non è solo una pianta, ma un elemento essenziale del regno vegetale che ha generato la vita animale, inclusa quella umana. Essa è diventata parte integrante del nostro ambiente, circondando luoghi significativi come l’antico hospitale di Melzo e la chiesetta di Santa Maria delle Stelle, un simbolo della nostra connessione con la natura e la cura.
Questa riflessione sulla celidonia ci invita a contemplare il significato più ampio della vita, dell’umanità e del nostro rapporto con il regno vegetale, che continua a influenzare la nostra esistenza.